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Retrobotteghe, il blog del Mercato Centrale

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Impastare

Postato il 1 April 2020 da Elide Messineo
pasta fresca
Toglieteci tutto, ma non la pasta.

Toglieteci tutto, ma non la pizza.

Toglieteci tutto, ma non il pane.

Tutto, ma non la consolazione del carboidrato. Dev’essere così che è andata nella mente di molti italiani, quando nei giorni della quarantena gli acquisti di farina e lievito sono saliti alle stelle. Nella loro corsa ai supermercati, gli italiani hanno scelto gli ingredienti più elementari ma anche i più versatili, quelli che permettono di preparare dolci e salati di ogni tipo. Quelli che permettono di rendere le giornate meno noiose e di certo meno amare, anche se per poco.

La pasta, una pizza, la pastella per friggere, la crostata, le polpette, tutto richiede un impasto per prendere forma e dà forma ai giorni e alle ore che ci separano dalla normalità. Quand’è che abbiamo iniziato ad impastare? Abbiamo impastato da sempre, l’argilla e la creta, l’acqua e la farina, le idee e le parole, che vengono fuori soffici e profumate come una torta di mele. Si impasta il calcestruzzo, che poi serve a fare le case. Le case servono a metterci dentro le persone. E le cucine, quelle in cui si preparano impasti per piatti prelibati, legandosi il grembiule dietro la schiena, fieri con l’aplomb degli chef stellati, senza più timore a pasticciare tra i fornelli alla ricerca dei legami perfetti: è tempo di lasagna.

La Treccani dice che impastare è manipolare una o più sostanze solide con l’aggiunta di acqua o altro liquido. Ci sono il latte e le uova, lo zucchero e il sale: su Google tutti cercano gli impasti più facili e veloci da fare, i temerari si vogliono spingere oltre e confrontarsi con i titani della panificazione. Cercano le ricette dei loro beniamini e il tempo è dalla loro parte, avranno modo di studiare nel dettaglio lievitazione e idratazione. Da tutti questi impasti verrà fuori non solo un popolo di amanti della pizza, ma un popolo di pizzaioli. È il trionfo della manualità, la riscoperta di un artigianato in chiave intima, tra le mura di casa, la bellezza del tatto sull’impasto morbido, che cresce e lievita, il profumo degli ingredienti che si bilanciano e si plasmano. Poi prendono vita, nell’abbraccio caldo del forno, e diventano pronti da mordere, finiscono sotto i denti, rilasciano serotonina. La felicità fatta su misura e a portata di mano. Bastano un barattolo di farina, altri pochi ingredienti, una teglia capiente, un forno preriscaldato e mani forti. O una planetaria.