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Cibo e arte contemporanea: caramelle, cucchiai e patate in protesta

Postato il 30 January 2016 da Elide Messineo
Cibo e arte contemporanea
Scrittori, poeti e artisti si ispirano spesso al cibo per le loro opere d’arte, non facciamo altro che parlare di cibo, ma dopotutto senza non potremmo vivere. Si tratta poi di un forte strumento comunicativo, che sia positivo o abbia tono polemico (e nella maggior parte dei casi fa parte della seconda categoria).

Banana Wall e cumuli di caramelle

In alcune opere d’arte il cibo viene lasciato a marcire, si segue la trasformazione naturale delle cose, il loro processo di decomposizione. Ma fino a che punto l’arte giustifica un simile spreco di risorse e lavoro? Basti pensare al Banana Wall di Stefan Sagmesiter a New York, un muro di banane più o meno mature nel quale si legge “Self confidence produces fine results“: i frutti – ben diecimila – lentamente si decompongono, la scritta appare e riappare, proprio come la fiducia che ognuno ha di sé, ha spiegato lo stesso Sagmeister. Il percorso artistico è multisensoriale, non colpisce solo la vista, anche l’olfatto vuole la sua parte e se a dominare i sensi c’è il tempo che scorre, a dominare il processo di decomposizione c’è la natura, assistita da uno stanzone artificialmente riscaldato. Dietro la produzione di banane o di altri prodotti ci sono molti altri fattori rilevanti come sprechi e consumi ma, visto che si parla di arte, non è forse necessario spingersi oltre il limite per realizzare qualcosa che sia effettivamente d’impatto e che si faccia ricordare? Noto per i suoi slanci di generosità nel sociale, l’artista è stato fortemente criticato per lo spreco della frutta ma ha recuperato spiegando la sua scelta di creare un’opera forte e ha donato il doppio di quanto speso nella creazione del Banana Wall a sostegno dei senzatetto di New York.

Molto particolare è l’opera del cubano Felix Gonzalez-Torres, i cumuli di caramelle sono forse la più famosa in assoluto. Partendo dalla pop-art di Andy Warhol, che incentrava tutto su oggetti di consumo dalla durata effimera, Gonzalez-Torres ha ripreso il concetto, lo ha reinterpretato, espandendolo. Cumuli che sembrano casuali, caramelle o biscotti confezionati, ad uso e consumo del pubblico. L’arte non è solo di chi la fa, ma anche di chi la guarda: lo spettatore è autorizzato a intervenire, a prendere le caramelle e portarsele via, diventando automaticamente parte dell’opera. Dietro questi lavori, che molto spesso non sono stati apprezzati nè compresi, ci sono più messaggi: la sofferenza, l’omosessualità, la guerra. Le caramelle a forma di proiettile, per esempio, erano un messaggio di protesta contro la guerra del Golfo, ma molte opere dell’artista cubano sono incentrate proprio sull’AIDS, che gli aveva strappato via il compagno Ross e che dopo qualche anno avrebbe consumato Felix. Anche il cumulo di caramelle lentamente si consuma, delle parti vengono portate via dagli spettatori, tutto è destinato a svanire. Ma, come l’opera di Gonzales-Torres, anche ad essere ricordato.

Cucchiai e flash mob con patate

In vicolo dell’Oro a Firenze sono esposti dei cucchiai giganti, un’installazione temporanea di Simone D’Auria che omaggia il tema dell’Expo 2015. In questo caso l’artista focalizza tutto su un simbolo del nutrimento, lo usiamo quotidianamente ma è anche il primo strumento che viene usato per dare da mangiare ai bambini. Un cucchiaio più grande fa da panchina, diventa un luogo in cui raccogliersi e ritrovarsi e anche il senso della fame diventa metaforico: non è solo un bisogno fisico, si può avere fame di vita, di sapere e di libertà. Anche Spoon – I eat Earth diventa quindi un’installazione con la quale lo spettatore può interagire, alla ricerca di un rapporto più stretto con la terra.

A volte l’artista può lanciare messaggi che risultano poco chiari all’occhio dei “profani” ma che in ogni caso riescono ad avere un impatto, suscitano una reazione. Sono più che comprensibili invece le patate che indossano gli occhiali da sole e manifestano in giro per Berlino, opera dell’artista Peter Pink. Lui si definisce “nonsense maker” ma spesso le patate protagoniste dei suoi scatti vogliono dire molto di più rispetto alle apparenze: nella maggior parte dei casi protestano contro il consumismo e i fast food (Mc Donald’s è il bersaglio principale), a volte vengono affiancate anche da altri “amici vegetali”, come i cetrioli – cattivissimi soldati di un esercito – o i pomodori. Nelle rappresentazioni di Pink vengono tirati in ballo fenomeni storici e sociali, come la costruzione del muro di Berlino, con il cibo che si trasforma, prende vita e racconta. Forme, colori, sapori e odori si prestano a centinaia e centinaia di rivisitazioni, messaggi e usi. Tutti i giorni si può giocare con il cibo, tutti i giorni si può fare arte.