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Prevedere il futuro

Postato il 18 January 2021 da Elide Messineo
Nel 2006 il collettivo milanese Molleindustria ha lanciato il videogioco ispirato al McDonald’s e mostra quanto sia “difficile” guadagnare con una multinazionale e quanto “lavoro sporco” ci sia dietro: corruzione, inquinamento, pessimo marketing (oppure ottimo, dipende dai punti di vista), giocare è più difficile di quanto si possa immaginare. L’impatto è forte e il risultato è crudele, il gioco mette di fronte a varie scelte etiche, dal mobbing dei dipendenti del fast food alle mazzette a medici e nutrizionisti. Giocando, scopri che le scelte peggiori, in realtà, sono le uniche che possano garantirti un profitto. Così ti ritrovi a distruggere un villaggio della foresta pluviale per trasformarlo in una coltivazione di soia geneticamente modificata o in un allevamento intensivo. Nulla che non sia successo nella realtà, purtroppo. Poi ti ritrovi a dover scegliere quanto terreno destinare alla soia e quanto all’allevamento e soprattutto quanto male nutrire i tuoi animali, per far sì che il costo della produzione si abbassi. Può darsi che a un certo punto ti vengano i sensi di colpa, magari per aver contribuito alla diffusione del morbo della mucca pazza, ma essendo ormai un tycoon, puoi soffocare il tuo senso di colpa con una generosa donazione a qualche causa benefica. Sono le dure contraddizioni del mondo moderno e non riguardano solo i fast food.

I videogame di Molleindustria, in generale, nascono con un chiaro intento politico, sono prese di posizione dichiarate in modo originale e deliziosamente scorretto, a tratti disturbante. Arrivati ormai al 2021, a 15 anni di distanza dall’uscita del McDonald’s videogame, ci rendiamo conto che i cambiamenti ci sono stati, sia all’interno della multinazionale che nel mondo intero. McDonald’s ha fatto la sua parte di greenwashing e sta cercando di “ripulirsi” dalle etichette che gli sono state affibbiate negli anni, ma c’è ancora tanta strada da fare e l’intento fa pensare a tutto, fuorché a un’ondata di sincera e lodevole vocazione ambientalista. La multinazionale è in ottima compagnia, perché molte aziende stanno andando nella stessa direzione, seguendo una tendenza sempre più diffusa che appare, però, come una scelta spontanea e alternativa. Si tratta di un altro modo di rimettersi la coscienza a posto, un po’ come le suddette donazioni benefiche, ma non è detto che sia necessariamente un male.

Se potessi scegliere di vedere il futuro, lo faresti? O preferiresti scoprirlo giorno dopo giorno? Nell’era degli odiatori degli spoiler – che tramite i social sono sempre in agguato -, è una gran bella domanda da farsi. Quando si parla di marketing e tendenze, incluso il greenwashing, è molto probabile che queste siano il frutto di un lavoro fatto a monte più che di un risultato spontaneo – ricordate il meraviglioso monologo sul ceruleo di Miranda Priestley (Meryl Streep) ne “Il diavolo veste Prada”? Nonostante questo, si prova sempre un pizzico di piacere nel pensare che sia tutto casuale ma soprattutto nel cercare di tirare a indovinare, addirittura col rischio di concentrarsi così tanto sul futuro da scordarsi che c’è un presente da vivere, il famigerato qui ed ora che, contrariamente al domani, non è a distanza di sicurezza e richiede una dose più bassa di immaginazione e una molto più alta di coraggio.

L’idea del futuro e di ciò che può riservarci affascina l’essere umano da sempre. Per questo motivo si seguono appassionatamente pronostici, previsioni, si controllano gli oroscopi con un misto di sana curiosità e di timore (“io non ci credo, è solo per gioco”), si fantastica e si fanno ipotesi. Si può tirare, anche se per poco, un sospiro di sollievo pensando a un futuro migliore, gradevole e perché no, magnifico, ma ancora lontano, a cui aspirare. Anche questo tranquillizza, se la pigrizia ha il sopravvento, perché non è necessario impegnarsi fin da subito: procrastinatori di tutto il mondo, unitevi! Il 2021 per molti rappresentava quel futuro che avrebbe segnato la svolta, mentre dall’altro lato c’era chi non voleva farsi troppe illusioni, sebbene sotto sotto ci sperasse almeno un po’. È solo un altro giorno, un altro numero che si aggiunge al calendario. Quand’è che, invece, arriva davvero il futuro, e cosa ne sarà di noi?



Prima dimmi cosa arriva dopo

Esistono molti modi per cercare di capirlo, di leggere e prevedere il futuro. Se siano più o meno credibili, è una scelta del tutto soggettiva. Fin dalla notte dei tempi, l’uomo è stato curioso di scoprire cosa sarebbe arrivato dopo (ma se anche si scoprisse, questo dopo, cosa si potrebbe fare davvero per cambiare il corso delle cose?). Uno dei metodi più diffusi per tentare di scorgere il futuro è la cartomanzia. La figura della cartomante ha sempre avuto un enorme fascino, la donna che con un mazzo di carte sa predire la sorte di un individuo. Generalmente lo fa utilizzando i tarocchi, ad oggi forse uno dei metodi più diffusi, anche se c’è chi utilizza le normali carte da gioco. La cartomanzia, per quanto attiri molte persone e per quanto alcune vi credano, è tendenzialmente considerata un “mestiere da ciarlatano”, anche se oggi è abbastanza tollerata . L’importante è che rispetti determinati limiti legislativi, incluso il corretto pagamento delle tasse, alla pari di un’attività commerciale qualsiasi: e qui è dove si perde tutta la magia. Come già detto, l’uomo si è posto domande sull’esistenza e sul futuro fin dal suo arrivo sulla Terra. Nell’antichità i Babilonesi, così come altri popoli, praticavano la negromanzia, ovvero “l’evocazione dei defunti a scopo divinatorio” (Treccani). Ancora oggi, seppur non approvata, la negromanzia è praticata, in particolare all’interno di specifiche sette. Se passiamo alle popolazioni mesoamericane, funghi allucinogeni, peyote (il pane degli dèi) e pelli di rana venivano utilizzate nei rituali sciamanici. Si faceva un largo uso di sostanze psicotrope per mettersi in contatto con l’aldilà o, più in generale, per entrare in contatto con altre dimensioni. Il ruolo dei guaritori, per quanto scarsamente scientifico, è stato importante nella vita sociale delle tribù indigene, così come nelle civiltà antiche, come quella greca e romana, lo erano oracoli e indovini.

Tra gli indovini più celebri dell’antica Grecia c’è il tebano Tiresia, l’indovino cieco che Ulisse incontra nell’Ade. Nell’evocazione di Tiresia, quando Ulisse segue i consigli della maga Circe, il cibo gioca un ruolo fondamentale (così come spesso accade nella magia e in numerosi punti dell’Odissea omerica) e l’eroe lascia anche miele, latte vino e acqua come libagione alle anime dei morti (“nelle religioni primitive e dell’antichità classica, offerta sacrificale di sostanze liquide” – Treccani). Questo passaggio dell’Odissea rimarca anche una specifica concezione del destino. Nonostante il percorso davanti a sé sia ricco di difficoltà e la sua fine già decisa, Tiresia avverte Ulisse della possibilità di scegliere, facendosi carico delle conseguenze delle sue azioni e di quelle dei suoi uomini durante il viaggio di ritorno a Itaca.

Il cibo nei rituali magici ha spesso un ruolo centrale e viene usato anche in alcune tecniche di divinazione. Per esempio, una mela non è solo benefica per la salute ma c’è chi crede che possa svelare il futuro sentimentale di una persona: se e quando si sposerà e perfino l’iniziale del nome della propria dolce metà. È risaputo che anche le noci vengono tenute in considerazione per questo e c’è poi chi si specializza nella lettura dei fondi di caffè. Quest’ultima pratica, per esempio, ha preso vita a partire dal Medio Oriente, laddove la “bevanda del diavolo” era inizialmente più conosciuta e consumata, per poi raggiungere anche l’Occidente. L’interpretazione dei sogni è un’altra tecnica che molti utilizzano per scoprire qualcosa su quanto accadrà, anche in un futuro non troppo lontano. I tarocchi rimangono, tuttavia, una delle attività più diffuse, sia per l’alone di mistero che si portano dietro sia perché vengono vissuti con una certa leggerezza, diventando spunto per organizzare eventi a tema, che si trasformano in occasioni conviviali più che in un reale bisogno di voler scoprire quel che deve ancora arrivare. Una delle versioni più leggere e pop della cartomanzia è stato il popolarissimo quiz “La Zingara” in cui Cloris Brosca vestiva i panni della cartomante. Il programma, lanciato nel 1995, ebbe una grande popolarità, come dimenticare il tormentone della temibile “Luna Nera”? Nel quiz si perdeva il gioco e nel mondo dell’occulto, in altri modi, la Luna Nera ha comunque un’accezione negativa. Lilith è associata al lato più nascosto della femminilità e, più in generale, legata alla parte sommersa della sessualità. Lilith, inoltre, è un personaggio diffuso nella cultura di massa ma che ha origini antichissime. Da Babilonia, fino alla tradizione giudaico-cristiana, che la vuole come prima moglie di Adamo, ancor prima di Eva. Nelle religioni mesopotamiche, Lilith è sempre stata considerata come una figura negativa, legata ad agenti atmosferici distruttivi. Al contrario, oggi è una figura che è stata ampiamente rivalutata in ottica femminista e rappresenta un forte simbolo di emancipazione della donna. A proposito di donne, una delle cartomanti più famose della storia è stata Marie Adélaide Lenormand, omaggiata con il mazzo di carte ribattezzato Sibille Lenormand, inventato a metà Ottocento. Nota per le sue conoscenze nell’ambiente aristocratico parigino, Lenormand per via della sua attività di esoterista e cartomante ebbe qualche problemino con la legge. La donna fu intercettata anche da Giuseppina di Beauharnais, la prima moglie di Napoleone Bonaparte, che decise di sfruttare la sua arte divinatoria. Napoleone, invece, la stimava decisamente di meno, tant’è che la fece incarcerare due volte.



Chiudere i cerchi

Nell’Ottocento, sebbene non fosse mai svanita, c’è stata una parziale rivalutazione della cartomanzia, praticata quasi sempre da donne (contribuendo così alla narrazione negativa della figura femminile, legata alla stregoneria) e perciò non vista di buon occhio, specialmente dalla Chiesa. La magia può essere di tanti tipi, c’è quella omeopatica e quella contagiosa, ci sono la positiva e la negativa, la bianca e la nera. Spesso viene confusa o si fonde con la religione, come nei casi in cui solo i sacerdoti hanno accesso a determinate pratiche.

L’uomo è sempre andato alla ricerca di spiegazioni delle leggi occulte che governano la sua esistenza, in alcuni casi elevandosi all’altezza degli dèi, sostenendo di disporre di poteri magici e sfruttando le tecniche divinatorie nel tentativo di controllare tali leggi; ne derivano pratiche affascinanti come l’alchimia, una delle numerose sfumature della magia. Nonostante sia stata apertamente condannata dalla religione cristiana, la magia ha sempre goduto di enorme fascino, anche se col progresso scientifico (in particolare a ridosso della nascita dell’Illuminismo) ha ridotto il suo “appeal” e in alcuni casi viene considerata solamente come una via di fuga dalla realtà, più che uno strumento per controllarla e manipolarla. Una delle forme più antiche di divinazione, dicevamo, è quella dell’oracolo, termine che indica anche il luogo in cui ci si recava per scoprire il responso degli dèi. I greci, per esempio, si affidavano all’oracolo per conoscere il loro destino in battaglia o ricevere consigli e magari così aggiustare il tiro e migliorare la propria strategia di guerra. Il risultato si raggiungeva attraverso pratiche di vario genere, che spaziavano dal sacrificio alla più semplice interpretazione dei segni.



Tutto questo non ha nulla a che vedere con noi?

Tornando al punto di partenza, non servono oracoli se ci si sta chiedendo quale futuro attende il cibo – e quindi tutti noi, la nostra salute e le nostre abitudini alimentari. Tra superfood e carne prodotta in laboratorio, la direzione è già piuttosto chiara. In un pianeta più bisognoso della collaborazione dell’uomo che di magie, il futuro si concentra attorno a parole chiave quali veg, green e local – e anche glocal. E sì, siamo tutti d’accordo nell’affermare quanto sia buono l’avocado, ma solo se non fa il giro del mondo (e tante altre storie) prima di arrivare sulle nostre tavole. Le risorse non bastano più e con una previsione di una popolazione di dieci miliardi di persone entro il 2050, è forse arrivato il momento di prendere tutto un po’ più sul serio. Ora più che mai, complice anche la pandemia, sono chiare le conseguenze di un comportamento fuori controllo andato avanti per troppo tempo e soprattutto c’è una parola tanto semplice e chiara da tenere a mente da qui ai prossimi anni: coerenza. Si tratta di un concetto che viene ancor prima di quello di sostenibilità – senza il quale questa verrebbe inevitabilmente meno, come già accade in numerose realtà.

È possibile un futuro in cui spopoleranno le farine di insetti lasciando sempre più spazio al cosiddetto ento-food per ridurre il consumo di carne e il numero di allevamenti intensivi, sempre col rischio che poi, per moda o per puro interesse economico, la situazione tenda a sbilanciarsi sempre di più (coltivatori di quinoa, ci sentite?). Si sposano bene con un termine come coerenza paroline come rilocalizzazione, biodiversità, consapevolezza – che non è solo saper leggere l’etichetta della confezione di cibo che compriamo al supermercato. Serviranno politiche e interventi decisi (e decisivi) da parte dei Governi, gli stessi che la FAO richiede a più riprese da anni. Gli effetti della pandemia, insieme ai problemi pregressi, senza prenderci troppo in giro, avranno un lungo strascico. Cambieranno il modo di concepire il cibo e tutto ciò che ne consegue, dal sistema della ristorazione passando per le energie rinnovabili, fino all’agricoltura. La direzione è chiara ma la visibilità di queste conseguenze è ancora bassissima, sarebbe nebbiosa perfino per il più esperto degli oracoli. Azioni concrete e impegno collettivo saranno un segnale decisivo per una ripresa concreta e una visione più nitida delle cose. Pulita, in tutti i sensi.