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Era un filetto di eglefino, storia del cibo surgelato

Postato il 8 April 2021 da Elide Messineo
Dell’importanza del freddo abbiamo già parlato: la refrigerazione si è rivelata fondamentale per la conservazione dei cibi, tanto che si congela cibo da sempre (o quasi). Prima si faceva con ciò che madre natura metteva a disposizione, ovvero il ghiaccio delle montagne e la costruzione di apposite ghiacciaie. Poi è subentrata la tecnologia ed oggi sarebbe impensabile immaginare di conservare gli alimenti senza un frigorifero o un congelatore. Negli ultimi anni, poi, c’è stata una rapida evoluzione delle tecnologie relative ai surgelati, che permettono di offrire prodotti sempre più buoni, sani e anche più eco-friendly dal punto di vista del packaging. I surgelati, per molto tempo, si sono portati dietro una serie di pregiudizi, tra cui quello di essere cibi poco sani. Come per tutte le cose, bisogna sapere scegliere ciò che si compra ma la tecnica della surgelazione non penalizza gli alimenti e non intacca le loro proprietà nutrizionali. La situazione cambia, come spiegano anche dalla Fondazione Umberto Veronesi, se si opta per il fai da te e lo si fa con strumenti poco adatti, alle temperature sbagliate. In linea di massima, alcuni cibi non sono adatti alla surgelazione ed altri potrebbero cambiare consistenza, come il pane, ma non diventeranno meno sani rispetto ai loro corrispettivi freschi. Per essere definita tale, la surgelazione è un tipo di congelazione che avviene in maniera molto rapida, raggiungendo la temperatura di -18°. I micro-cristalli che si formano proprio a causa di questo cambiamento repentino, permettono di preservare gli alimenti, mantenendo intatte le loro proprietà organolettiche ed è per questo che ad oggi non c’è metodo migliore per conservare il cibo. Ma da dove è arrivata?

Freddo canadese

Il “responsabile” della nascita dei prodotti surgelati è stato Clarence Birdseye, proprietario della Birds Eye Frozen Food. Nato a Brooklyn, il biologo lavorò per il governo statunitense in Canada, in Labrador, tra il 1912 e il 1915. Durante il suo lavoro, ebbe modo di vedere e scoprire le tecniche di pesca della popolazione inuit, che sono solite praticare la pesca sotto ghiaccio. Birdseye si rese conto che il pesce congelato in Canada aveva una qualità molto più alta rispetto a quello congelato che aveva sempre mangiato negli Stati Uniti. Ovviamente, il motivo erano i -40° (temperatura ambiente) che lo aspettavano una volta fatto uscire dallo spesso strato di ghiaccio sotto cui nuotava. Clarence Birdseye iniziò così a fare i suoi primi esperimenti all’inizio degli anni Venti e dalla Clothel Refrigerating per cui lavorava, decise di fondare la propria azienda, la Birdseye Seafoods Inc. oggi di proprietà della Pinnacle Food Inc.

Come abbiamo già detto, il freddo è stato considerato fondamentale praticamente da sempre, da quando esiste l’uomo e le prime ghiacciaie vengono fatte risalire al 1000 a.C. La differenza è che Birdseye ha potuto usufruire del progresso tecnologico e migliorare la produzione di cibo surgelato per poterne incrementare la vendita. Il congelamento non era l’unica questione da affrontare, dopotutto: bisognava pensare a come confezionare gli alimenti e come trasportarli senza che si deteriorassero. Prima di arrivare ad una soluzione ci volle qualche anno e il brevetto di Birdseye per la sua macchina per surgelare arrivò nel 1927, perfezionata poi l’anno successivo, per arrivare al lancio della prima linea di prodotti surgelati nel 1930. Ovviamente l’etichetta era della Birds Eye Frosted Food Company. Uno dei primi cibi surgelati messi in commercio sono stati i filetti di eglefino (haddock), altri tagli di carne e pesce ma anche molti vegetali, tra cui spinaci e piselli. Come in molte storie che riguardano le invenzioni americane in questo periodo storico, c’è stato di mezzo il periodo della Seconda Guerra Mondiale e il razionamento degli alimenti. Il cibo surgelato, in quel periodo, fu venduto in abbondanza poiché era consigliato direttamente dal Governo. I soldati avevano bisogno di consumare il cibo in scatola, per cui gli americani venivano incoraggiati a lasciarlo disponibile per i loro eroi in guerra e comprare invece cibo surgelato.



La TV dinner

Se già milioni di americani si erano “convertiti” al surgelato, in particolare tra il 1945 e il 1946, la consacrazione definitiva dei surgelati è avvenuta con il conseguente boom economico. Nel 1954 venne messa in commercio la “TV dinner”.  Si trattava di un vassoio contenente un pasto completo, surgelato, da scaldare e mangiare comodamente sul divano, guardando la tv – precursore dei pasti in aereo. Lo suggerisce il nome stesso: queste porzioni individuali solitamente contenevano carne e patatine, in altri casi erano dei dessert, ma la funzione era quella di offrire un pasto completo (questo non significa necessariamente sano) a un prezzo abbordabile (98 cents), riducendo notevolmente i tempi per preparare una cena. Nel giro di poco tempo la TV dinner si poteva scaldare il forno, saltando tutte le fasi della preparazione e lasciando molto più tempo da trascorrere davanti al televisore. Questo iconico vassoio stava diventando uno dei capisaldi del consumismo sfrenato e dell’etichetta di alimentazione scorretta che gli statunitensi si portano dietro.

La prima versione della TV Dinner fu prodotta dalla Swanson in occasione del Giorno del Ringraziamento. Il piatto era a base di tacchino, pane di mais, pisellini e patate dolci: il piatto era suddiviso nei vari comparti, in modo da poter essere consumato senza essere trasferito dal suo vassoietto. Per consumarlo era sufficiente lasciarlo in forno per poco meno di mezz’ora. Le dimensioni del vassoio, inoltre, erano a prova di TV tray table, ovvero il tavolino da tenere davanti al divano, per mangiare senza doversi spostare e per poter guardare la televisione. Ancora oggi questi tavolini sono utilizzati e non capita di rado di vederli in film o serie tv: se per gli italiani è inconcepibile non mangiare tutti insieme a tavola, negli USA la pratica di consumare i pasti davanti alla TV era già piuttosto diffusa all’epoca. I tavolini divennero famosi proprio negli anni Cinquanta ed iniziarono ad essere promossi anche negli spot televisivi. Il primo uscì nel 1952, un anno prima che Swanson lanciasse il suo pasto completo, nell’ottobre del ’53. Basta seguire la storia dei Tv dinner per vedere la velocità con cui il mondo dei surgelati si è evoluto e di come molti brand si siano adattati velocemente al cambiamento introdotto dall’intuizione di Birdseye. Nel 1960 fu sempre Swanson ad introdurre i dessert, nove anni dopo vennero lanciati i TV breakfast. Perché limitarsi alla cena, dopotutto? Il tavolino davanti alla tv poteva permettere di fare comodamente colazione con pancake e salsicce o sandwich. Nei decenni successivi le porzioni iniziarono a farsi più grandi e abbondanti e nel 1986 arrivò anche la prima linea pensata per il forno a microonde. Dagli USA al Canada e dal Canada agli USA: se quando si parla di surgelati, il “papa” è considerato Clarence Birdseye – americano che ebbe l’intuizione in canada – nel caso del pasto Tv dinner solitamente la paternità viene attribuita a Gerry Thomas – canadese trapiantato negli USA – che all’epoca lavorava per la Swanson.

In Italia il consumo di cibi surgelati è in costante aumento e non solo quando si tratta di pizze o altri piatti pronti. Il 2020, con la pandemia, è stato un anno in cui i surgelati sono stati scelti proprio per via della possibilità di conservarli a lungo e in grandi quantità, non potendo andare a fare la spesa regolarmente. I dati, però, hanno a che fare anche con le nuove generazioni, i Millennial in primis, che prediligono pasti rapidi da preparare perché non amano cucinare. Nonostante il successo delle trasmissioni di cucina e la crisi del lievito della scorsa primavera, pare che le nuove generazioni trascorrano sempre meno tempo ai fornelli. Cucinare sì, ma velocemente. Il 2020 ha sicuramente contribuito a rivalutare il modo in cui spendiamo il nostro tempo e ha eliminato la fretta e la frenesia che caratterizzavano la nostra vita prima del COVID, riportando a una riscoperta del cucinare a casa. Il fatto che i cibi surgelati siano qualitativamente migliori e l’offerta sia sempre più variegata e sana, però, ha attirato anche l’attenzione degli italiani, che prima li guardavano con un po’ più di diffidenza rispetto ad altri Paesi, come la Germania e il Regno Unito.

Un’indagine commissionata dall’Istituto Italiano Alimenti Surgelati alla Doxa a fine 2020 ha riportato non solo la grande passione dei Millennial nel fare la spesa (il 91% ama farla per tutta la famiglia, senza delegarla a qualcun altro). Il 99% dei millennial italiani consuma alimenti surgelati, il 77% di questi li consuma almeno una volta a settimana, il 35% li consuma almeno due volte a settimana. Come dicevamo, il lockdown ha contribuito ad incrementare questo trend, già in crescita: infatti, circa il 26% dei consumatori under 40 ha raddoppiato il consumo di prodotti surgelati nel corso della quarantena. Il 36% ha aumentato il consumo rispetto a prima, mentre il 34% non ha cambiato le preferenze: le verdure resistono tra gli alimenti in pole position, con gli spinaci in prima linea. L’Istituto Italiano Alimenti Surgelati riporta quindi questa riscoperta di prodotti che oltre ad essere versatili sono disponibili in ogni periodo dell’anno, ma sottolinea ancora una certa diffidenza da parte dei consumatori: “Solo il 14% degli intervistati li acquista pensando che abbiano le stesse caratteristiche nutrizionali dei prodotti freschi”. Se in Italia i surgelati sono comparsi nei supermercati più o meno negli anni Sessanta (i supermercati stessi sono arrivati relativamente più tardi rispetto ad altri Paesi), gli USA proprio nel 2020 hanno festeggiato i 90 anni dalla messa in vendita dei prodotti surgelati. I primi cibi surgelati messi in vendita sono comparsi in un supermercato di Springfield in Massachusetts. L’impatto è stato talmente importante che esiste perfino una Hall of Fame del Frozen Food (nata nel 1990) e uno dei celebri vassoi per la cena davanti alla tv di Gerry Thomas è conservato allo Smithsonian National Museum of American History.

P.s.: i prodotti presenti nelle foto, invece, sono freschissimi.